"…propositi per l’anno nuovo? Io uno ce l’ho. Quest’anno con voi voglio essere …fastidiosa, come una zanzara, come un dito nell’orecchio, come l’inquilina del piano di sopra che cammina coi tacchi e non vi lascia dormire. Voglio rompervi le scatole e lasciarvi perplessi. Soffiarvi polvere negli occhi, crearvi confusione. Mettere sotto il sopra e sopra il sotto. Darvi pizzicotti e spintarelle. Insinuarvi il dubbio su ciò che credete ovvio. Suonarvi il campanello nel mezzo della notte. Amarvi più che mai."

mercoledì 19 maggio 2010

L'eterno Adesso



Da bambina una delle cose che facevo spesso prima di addormentarmi era…tentare di immaginarmi l’eternità. Ad occhi chiusi nel buio, armata delle mie modeste risorse, affrontavo l’impresa: cominciavo a pensare ad una linea di tempo che iniziava…ma che non poteva terminare. La mente galleggiava, restava sospesa più che poteva…poi ad un certo punto tentava di appoggiarsi da qualche parte, cercava una fine…ma no, non era lì che finiva, nemmeno ora, nemmeno ora, …nemmeno ora…wow…avanti così finché arrivava il senso di vertigine. L’intuizione dell’abisso. Una frazione di attimo, poi si tornava indietro. Credo che fosse perché varcare quel limite non era sopportabile, avrebbe significato il collasso della mente. Devo dire che in questo giochetto ero più brava allora di quanto non lo sia adesso. Almeno in quel lampo di intuizione era come se l’eternità l’avessi compresa (cum-prehesa, fatta mia). Ci ho riprovato di recente, non ci riesco più. Potere dei bambini, che sono realmente più vicini all’Uno.
Alla fine del Liceo, nel mio tema di maturità, tutta intrisa di filosofia – la mia materia preferita – così scrivevo a proposito del tempo: “Il tempo stesso (…) non è altro che il prodotto di due forze opposte – passato e futuro - di cui il presente è la sintesi immaginaria. Immaginaria perché di per sé non esistente: il carpe diem è prerogativa da superuomini e il nostro presente non è che la zona di risacca, in cui l’onda del passato e l’onda del futuro si avvicinano fino a toccarsi e, fondendosi, si annullano a vicenda”.
Dalla difficoltà di “afferrare” l’eternità, cioè l’infinitamente grande, alla difficoltà di afferrare il momento presente, schiacciato e quasi annullato dall’istante prima e dall’istante dopo… perché anche cogliere l’attimo pone lo stesso problema di cum-prehensione, stavolta nell’infinitamente piccolo.
Sarà mica che l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo sono la stessa cosa? Ovviamente sì. Sarà mica che l’eternità non è una linea da immaginarsi senza inizio né fine…ma un “punto”, senza dimensioni, eternamente presente? Ovviamente sì.
Se riuscissimo a liberarci dall’illusione della mente, che ci crea un prima e un dopo, secondo la sua solita percezione duale, ci renderemmo conto che l’eternità non è qualcosa che ci sovrasta e ci inghiotte, ma che ci costituisce. Non si tratta di cercarla o di capirla, ma solo di riconoscerla e viverla. Perché noi SIAMO unicamente nell’eterno Adesso.

martedì 11 maggio 2010

L'urlo dell'anima


“Borné dans sa nature, infini dans ses voeux, l’homme est un Dieu tombé qui se souvient des Cieux” – Alphonse de Lamartine (Méditations poétiques)
Di tutti gli aforismi che conosco, questa è forse la frase che amo di più in assoluto. Limitato nella sua natura, infinito nei suoi desideri…l’uomo è un Dio decaduto che si ricorda dei Cieli. Mi pare che descriva perfettamente la condizione umana. Condizione che risente di un conflitto insanabile…il Divino, con i suoi attributi di Unità, Infinità ed Eternità, si è diviso, si è incarnato, si è fatto materia, è stato rinchiuso in un involucro finito, circoscritto nel tempo e nello spazio. Così l’uomo è Dio, ma non se lo ricorda… Abita un mondo che non è suo, che lo costringe, che lo inchioda.
Mi chiedo: non è forse questo un motivo sufficiente a giustificare la sua perenne inquietudine? Il suo senso di malessere, la sua rabbia, la sua depressione? Quando si discute di disagio giovanile, ad esempio, sento continuamente tirare in ballo una presunta mancanza di valori, la crisi della famiglia, i modelli sbagliati, e via discorrendo…in un parlarsi addosso che non arriva da nessuna parte, figuriamoci ad una soluzione del problema. Semplicemente perché il problema non è un problema…al contrario è quanto di più ovvio possa esserci! Nell’adolescenza infatti comincia a manifestarsi nell’essere umano – fino ad allora bambino - una certa consapevolezza di sé…e con essa la sensazione che ci sia “qualcosa che non va”. Ragazzi! – gli direi – ragazzi! State tranquilli, è tutto ok! Se vi sentite strani, se c’è un vuoto che vi abita, se vi sembra tutto assurdo, se vi sentite persi e inquieti…è solo normale. Questo infatti è il momento in cui gli adulti dovrebbero – non criticarvi e nemmeno darvi le istruzioni per cavarvela nella vita – semplicemente dovrebbero spiegarvi chi siete e come mai vi sentite così, e dirvi che quello che non vi dà pace è l’urlo straziante dell’anima imprigionata che lotta per farvi ricordare da dove venite!! Perché Lei se lo ricorda. Dovrebbero dirvi questo – se lo sapessero. Perché a loro stessi non è stato spiegato. Gli è stato detto che sono esseri piccoli e deboli, alla mercè del mondo, del destino, o di Dio, un Dio buono ma incomprensibile, che agisce secondo piani imperscrutabili che all’uomo non è dato di conoscere. E questo fraintendimento si tramanda di generazione in generazione.
Passata la fase dell’adolescenza, quasi sempre l’inquietudine si affievolisce… La “malattia” sembra superata. L’adolescente, con i suoi estremismi e i suoi eccessi, è guarito. L’adulto trova la sua strada, la sua religione, la sua filosofia, il suo senso dell’esistere…oppure smette semplicemente di porsi tante domande e si lascia vivere. Trova un lavoro, compra una casa, si sposa, fa un paio di figli, si dedica ai suoi hobby…insomma mette “la testa a posto”. Tutto qui? Non credeteci, ragazzi. Non c’è un adulto, neanche quello che vi sembra più tranquillo e realizzato, che non senta ancora, in fondo a sé stesso, quando si trova da solo nel suo silenzio, lo stesso malessere che sentite voi. Adesso magari non è più un urlo, è una vocina. Ma non dà tregua. Non si arrende, continua a ribadire la medesima verità: TI RICORDI QUANDO ERI RE? TI RICORDI QUANDO ERI DIO?

domenica 9 maggio 2010

Messaggi dell'acqua



Tramite un caro amico sono venuta a sapere degli studi di tale Masaru Emoto, scienziato giapponese che si è dedicato ad una ricerca interessatissima sulla "sensibilità" dell'acqua. Per raccontarvela in sintesi, fotografando al microscopio campioni di acqua congelata, Emoto ha potuto constatare che la struttura dei cristalli cambia enormemente a seconda delle vibrazioni energetiche che l'acqua stessa riceve. Ad esempio i cristalli dell'acqua prelevata in una grande città sono molto più "brutti" di quelli dell'acqua prelevata in un fiume di montagna. Ma non è una questione di inquinamento, come si potrebbe pensare. E qui la cosa si fa ancora più interessante. Esponendo infatti un campione d'acqua a pensieri d'amore, di gratitudine, o ad una musica armoniosa, i suoi cristalli assumono forme meravigliose. Al contrario, i pensieri di odio e i rumori sgradevoli fanno sì che l'acqua cristallizzi in forme sgraziate. Ma il descrivere questo fenomeno a parole non può darvi l'idea, bisogna vedere con i propri occhi. E allora vi invito a guardare questo video; io sono rimasta a bocca aperta.


Non c'è molto da aggiungere...se non chiedersi come si fa a questo punto a dubitare dell'esistenza dell'energia e del potere che ha sulla nostra vita. Visto che l'uomo stesso, poi, è costituito per la maggior parte di acqua, la riflessione è d'obbligo: quanto bene e quanto male possiamo procurare a noi stessi e agli altri con i nostri pensieri e le nostre parole??