"…propositi per l’anno nuovo? Io uno ce l’ho. Quest’anno con voi voglio essere …fastidiosa, come una zanzara, come un dito nell’orecchio, come l’inquilina del piano di sopra che cammina coi tacchi e non vi lascia dormire. Voglio rompervi le scatole e lasciarvi perplessi. Soffiarvi polvere negli occhi, crearvi confusione. Mettere sotto il sopra e sopra il sotto. Darvi pizzicotti e spintarelle. Insinuarvi il dubbio su ciò che credete ovvio. Suonarvi il campanello nel mezzo della notte. Amarvi più che mai."

domenica 11 settembre 2011

DISCERNIMENTO E GIUDIZIO

Scrivo questo post per rispondere ad una domanda che mi è stata posta da un amico in un’occasione in cui ho affermato l’importanza di praticare il non-giudizio. “E come si fa a non giudicare”? – mi ha chiesto. Se ben capisco, quello che la domanda (legittima) sottintende è: non giudicare significherebbe vivere pensando che tutto è uguale, che non ci sono differenze, non c’è bianco e non c’è nero, nulla può piacerci o dispiacerci, non c’è nemmeno motivo per fare una scelta anziché un'altra, insomma, sarebbe come se l’uomo rinunciasse a ciò che più lo caratterizza, la sua capacità di giudizio, appunto, che lo distingue dagli altri esseri,…e in questo caso tanto varrebbe essere un animale o un vegetale. In effetti questa obiezione sorge quasi spontanea…per il fatto che normalmente confondiamo il Giudizio con il Discernimento, considerandoli erroneamente termini intercambiabili. Ma mentre il discernimento è puro, è cioè la semplice capacità della nostra mente di notare delle differenze o di fare una descrizione di qualcosa, il giudizio è come un parassita che immediatamente si impossessa di tale descrizione connotandola positivamente o negativamente a seconda delle emozioni che suscita in noi. Guardo passare la mia vicina e noto che è tirata a lucido. Questo è discernimento. Ma se il fatto che sia così ben vestita mi accende un sentimento del tipo “quante arie si dà”, o “sarebbe meglio spendesse i suoi soldi per altro”, questo è giudizio. Il giudizio scaturisce laddove il corpo mentale si interseca con quello emotivo, in particolare quando sono coinvolte le categorie “morali”, quelle che dividono tra bene e male, buono e cattivo, giusto e sbagliato. Ed è un meccanismo a cui siamo talmente abituati che ci sembra inevitabile, normale. Persino irrinunciabile: chi saremmo se non avessimo opinioni? O emozioni? Ma non è giudicando che ci assicuriamo una identità, anzi…ci assicuriamo solo una vita da marionette, dato che i criteri su cui basiamo i nostri giudizi sono interamente indotti (ma questo è un discorso che qui non ho spazio per approfondire). Infine, l’aspetto più interessante del giudizio è che solo e unicamente noi siamo in grado di dire se stiamo o no “giudicando” qualcuno o qualcosa…in quanto l’elemento decisivo non è la frase (o il pensiero) che pronunciamo, bensì la sensazione di fastidio che proviamo o non proviamo in concomitanza. Posso infatti dire: “Quell’alunno non studia abbastanza”. E’ un giudizio o no? Soltanto io sono in grado di sapere se nel pronunciare quella frase ho semplicemente constatato un dato di fatto in maniera neutra, o se ho provato una emozione negativa al riguardo, che può essere rabbia, disprezzo, senso di superiorità, e così via. E qui allora occorre, per chi fosse interessato a lavorarci su veramente, una buona dose di onestà con se stessi. Per tornare alla domanda iniziale…Come si fa a non-giudicare? Certamente non lo si fa da un giorno all’altro, inizialmente richiede uno sforzo, però è possibile. Se è vero, infatti, che la mente – essendo per sua natura “duale” - non può smettere di fare il suo lavoro di divisione (discernere), è altrettanto vero che ci si può allenare a fermarla un attimo prima che al discernimento si attacchi il giudizio, o almeno ad accorgersi di averlo emesso, in modo da disidentificarci da esso. Il perché sia conveniente smettere di giudicare (quasi più che smettere di fumare :-)) l’ho già descritto in un post che si trova più sotto “Nella trappola del giudizio” e al quale rimando per completezza.