"…propositi per l’anno nuovo? Io uno ce l’ho. Quest’anno con voi voglio essere …fastidiosa, come una zanzara, come un dito nell’orecchio, come l’inquilina del piano di sopra che cammina coi tacchi e non vi lascia dormire. Voglio rompervi le scatole e lasciarvi perplessi. Soffiarvi polvere negli occhi, crearvi confusione. Mettere sotto il sopra e sopra il sotto. Darvi pizzicotti e spintarelle. Insinuarvi il dubbio su ciò che credete ovvio. Suonarvi il campanello nel mezzo della notte. Amarvi più che mai."

domenica 17 aprile 2011

DECALOGO QUOTIDIANO-II


NON PUO’ MANCARMI NULLA DI CIO’ CHE MI SERVE A DIVENTARE LA PERSONA CHE HO DECISO DI ESSERE, altrimenti detto, quello che ho, o che non ho, è esattamente ciò che mi serve - né più né meno - per quello che devo fare in questo momento.
Per spiegare questa affermazione è necessario dividerla in due parti…e voglio partire dall’ultima, perché sapere chi è “la persona che ho deciso di essere” è tutt’altro che banale: non si tratta di buoni propositi o di un’aspirazione all’affermazione di sé, ma ha invece a che fare con la scoperta della propria “missione” in questa esistenza. In realtà io non “decido” chi voglio essere, ma “scopro” chi sono, cosa ci sto a fare qua, quale pezzo del mosaico vado a ricoprire, e faccio di questa scoperta l’obiettivo della mia vita. In questa prospettiva il termine “missione” perde il suo alone di straordinarietà, che lo fa percepire come qualcosa di esagerato e riservato a pochi, e diventa invece prerogativa di tutti, o almeno di chiunque sia disposto a vivere questa vita ricercandone il senso. Spesso ho chiesto ai miei “insegnanti” come si facesse ad essere sicuri di aver individuato il proprio “piano di volo”…ma una risposta semplice non c’è; dire “guardandosi dentro” significa tutto e niente: certamente la certezza la si trova in sé, ma solo dopo un assiduo lavoro di auto-osservazione e di pulizia, che ci consenta gradualmente di eliminare i condizionamenti, di zittire le voci ingannevoli e i pensieri indotti, di ascoltare le propensioni e i desideri profondi dell'anima e di leggere i segnali che l’esistenza ci sparge amorevolmente sulla via come le briciole di Pollicino. Quando finalmente avviene, l’incontro con la propria missione è un’esplosione di gioia, simile ad un abbraccio con l’infinito; dapprima entusiasmante come l’innamoramento, in un secondo momento pone degli ostacoli che possono scoraggiarci o farci cadere preda dei dubbi, ma che sono allo stesso tempo gli scalini da salire per arrivare alla meta. Una meta che in effetti non si raggiunge mai, ma non per questo è meno appagante, in quanto l’obiettivo è già intrinseco nel percorso, la destinazione è già nel viaggio. La gioia dell’esistere per la propria missione è già il suo compimento, poiché Un individuo che ha sviluppato una VISIONE in cui credere è qualcuno che ha smesso di uccidersi dentro. L’Obiettivo lo resuscita a ogni istante. (V. Ignis)
Poniamo che a questo punto sappiamo qual è il compito che ci viene chiesto di realizzare. Cosa succede? Succede che nel momento in cui io abbraccio la mia missione e per essa vivo, l’esistenza – che è il mio mandante – non può farmi mancare "l'attrezzatura" che mi serve per compierla. Ci sembra di possedere troppo poco? Che parliamo di ricchezze materiali o doti intellettuali/spirituali, dobbiamo aver fiducia che abbiamo esattamente quello di cui necessitiamo per l’oggi, forse quello che in questo momento siamo capaci di amministrare e che aumenterà domani in proporzione alla nostra crescita. Del resto prima nasce l’obiettivo, si radica nel cuore, e poi l’universo si muove per far sì che arrivino anche i mezzi per realizzarlo, in modi che noi nemmeno abbiamo la fantasia di immaginare.
Riassumendo, una volta presa coscienza della propria missione, l’invito è duplice: da un lato, ancora una volta, a rinunciare a qualsiasi tipo di lamentela, nella consapevolezza che ciò che abbiamo è esattamente ciò che ci serve o che siamo attualmente in grado di gestire; dall’altro a scacciare ogni sorta di paura che possa condizionare il nostro agire lungo il percorso, nella fiducia (la fede, il fuoco fisso che arde nel petto dei guerrieri) che l’esistenza non potrà non assistere, sempre ed immancabilmente, gli operai della sua vigna.

2 commenti:

  1. caspita Elena!... Questo post mi piace proprio tanto! Mi trovo pienamente d'accordo con quello che scrivi e, come sempre, devo farti i complimenti per come scrivi. Grazie!
    un abbraccio colorato
    Anto

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  2. grazie a te! per quanto riguarda lo scrivere, fa appunto parte di ciò che amo (e devo) fare, per cui volentieri passo i tuoi complimenti al mio "capo", l'anima universale, di cui io (così come te e chiunque si sia messo al servizio della sua missione) sono solo un canale espressivo...non sono io che scrivo, non sei tu che dipingi, e questo noi lo sappiamo bene. ti abbraccio.

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