"…propositi per l’anno nuovo? Io uno ce l’ho. Quest’anno con voi voglio essere …fastidiosa, come una zanzara, come un dito nell’orecchio, come l’inquilina del piano di sopra che cammina coi tacchi e non vi lascia dormire. Voglio rompervi le scatole e lasciarvi perplessi. Soffiarvi polvere negli occhi, crearvi confusione. Mettere sotto il sopra e sopra il sotto. Darvi pizzicotti e spintarelle. Insinuarvi il dubbio su ciò che credete ovvio. Suonarvi il campanello nel mezzo della notte. Amarvi più che mai."

domenica 19 dicembre 2010

LA SCATOLA


Senza sapere bene perché, fino ad oggi mi ero sempre rifiutata di entrare in una camera mortuaria. In realtà le occasioni in cui mi è stato chiesto, negli anni, non sono state molte, dato che, nella attuale esistenza, mi sono stati risparmiati distacchi prematuri da famigliari o persone estremamente vicine. Ma insomma, quando è stato il turno delle mie nonne di andarsene io ho preferito ricordarle da vive. Vedere “un morto” sentivo che in qualche modo non lo avrei sopportato, e ho seguito l’istinto. Ironia del destino, la persona che aveva più insistito perché io andassi a “salutare” la nonna (“vedessi com’è bella, serena, sembra che dorma…”) era stata mia zia Angela. La mia carissima zia Angela. All’epoca si era un po’ risentita per il mio rifiuto. Fatto sta che oggi nella camera ardente c’era lei. E fatto sta che ho pensato “comincio ad essere grandina, ce la posso fare, non mi posso più nascondere dietro l’impressionabilità, forza Elena, ci vanno anche i ragazzini, fatti coraggio e vai”. Ho anche pensato “l’ho vista fino a qualche ora prima che morisse su un letto d’ospedale, le ho tenuto la mano che ormai respirava appena, non può essere tanto diverso. E poi c’è tutta la famiglia, come faccio a mancare?”
E così sono entrata. E nel giro di tre secondi ho capito. Un sacco di cose. Ma in sostanza ho capito perché non ci ero mai voluta andare. Squallore, compassione, assurdità: mi sono piombati addosso tutti insieme, intrecciati in un’ondata di dolore che per poco non mi fa cadere per terra. Difficile sbrogliare la matassa dei pensieri e delle sensazioni: la più potente però è stata senz’altro quella di avere visto, per la prima volta, la SCATOLA. Mia zia lì non c’era più, era evidente. Non solo perché la sua anima se ne stava già sospesa a guardarci chissà da dove. Ma nemmeno il suo corpo era più il suo corpo…c’erano delle gambe, ma non erano le sue gambe, c’erano delle mani, ma non erano le sue mani. Se mi avessero detto che l’avevano completamente svuotata da tutti gli organi non ci avrei trovato niente di strano…perché quella era un sagoma di cartone, non mia zia Angela. Ho visto l’abisso che separa una persona in fin di vita da una persona morta. Il contenitore dell’anima quando l’anima se ne va. E non mi è piaciuto vederlo. Peggio, è stata una cosa orribile. Orribili anche i dettagli: i piedi legati da un laccio per tenerli uniti, il mento sostenuto da un puntello, la salma di lei adagiata su un carrello di metallo più gelido della notte di dicembre in cui ha deciso di partire.
Sono uscita dopo pochi minuti senza neanche avvicinarmi. Io l’ho salutata ieri, quando c’era ancora, e di sicuro sapeva che ero lì vicina anche se non me lo poteva dire. Sono uscita con una domanda che mi rimbombava dentro e che riguardava gli strani usi degli esseri umani…: perché mai fanno questo? Perché si riuniscono attorno ad una scatola vuota? E’ come se una persona si spogliasse e se ne andasse e noi rimanessimo lì a guardare i vestiti che ha lasciato per terra… Oltretutto, vedere il corpo che ha ospitato una persona amata così mutato, svuotato e irriconoscibile, è uno strazio atroce per la nostra parte umana. A che pro sottoporsi ad una simile tortura? E poi chi di noi vorrebbe mostrarsi ai propri cari in quelle condizioni?
Cara zia, su tante cose noi non siamo state d’accordo, su molte era impossibile persino pensare di confrontarci. Eppure non c’è mai stato un solo momento in cui l’amore reciproco sia stato messo in discussione. Sarei incapace di mettere per iscritto tutti i singoli ricordi che ho di te, e di noi insieme, per cui non ci provo neanche. Sarebbe anche inutile dirti che per la prima volta provo sulla mia pelle che in questo tipo di distacchi quello che fa più paura è non avere più la possibilità di darsi un abbraccio o dirsi una parola. Tutte queste cose – così come il bene che ti voglio – adesso le sai meglio di prima, meglio di quanto potrei mai dirtele.
Così come sai che non si muore, ma si passa semplicemente dietro al vetro… Se vuoi farmi qualche segno qualche volta, zia, o magari darmi un abbraccio, che in questo momento ne avrei tanto bisogno, bussa forte, perché io sono ancora nella scatola, non libera come te, e sicuramente, anche se mi impegnerò, farò fatica a sentirti.

3 commenti:

  1. Elena, innanzitutto mi dispiace per la tua zia Angela.. Dev'essere stata una persona fantastica, da quanto hai raccontato.. Bellissimo post, complimenti.. Hai proprio ragione, neanche io capisco il motivo di vedere una persona morta, perché dev'essere uno strazio.. Come hai detto tu, si vede solo "la scatola", non la persona che prima la ospitava.. Io non ho mai voluto vedere nessuno in quello stato, perché sono facilmente impressionabile, ma dopo quello che hai scritto qua, sono doppiamente convinta che non lo farò mai...
    Un bacione :*

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  2. Un Raggio di Sole per illuminare il freddo dell'inverno!
    Ho ricevuto il PREMIO SUNSHINE AWARD 2011 e poiché trattasi di un premio che si passa ad altri, io ho deciso di riconoscerlo a te!
    Sul mio blog scopri di cosa si tratta:
    http://arteamorefantasia.blogspot.com

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